Rimettiamo un ente in salute

Rimettiamo un ente in salute

di Gian Vito Graziano, Presidente Consiglio Nazionale Geologi

Scrivo per l’ultima volta su questa rubrica essendo ormai prossima la scadenza del mandato di questo Consiglio Nazionale che ho avuto l’onore di presiedere per cinque lunghi e bellissimi anni.

La tornata elettorale è terminata e con essa spero tanto che svaniscano i soliti veleni e gli attacchi alla persona che trovo assolutamente deprecabili.

Non voglio parlare tanto delle elezioni, quelle sono finite e un nuovo ciclo sta per aprirsi, non so se all’insegna della continuità o della discontinuità, ma questo lo vedremo. Non ne voglio parlare non perché abbia difficoltà a farlo, ma solo perché essendo l’ultima volta che scrivo vorrei soffermarmi, seppure brevemente, su altre questioni, che trovo più interessanti e spero che lo siano anche per chi legge.

Tuttavia, per sgomberare il campo dalle immancabili malevole interpretazioni, sottolineo che la linea politica mia personale e quella di questo Consiglio Nazionale esce sconfitta dalla tornata elettorale. Questo vuol dire che si sono commessi degli errori, almeno sotto il profilo politico, ma gli errori fanno parte della vita. E’ evidente che io sia quello che ne ha commessi di più, sotto diversi profili, e me ne assumo tutto il peso della responsabilità e delle conseguenze.

Eravamo consci delle difficoltà di questa competizione e della forza dell’avversario, ma tuttavia abbiamo tirato dritto come sempre, senza compromessi né con noi stessi, né con altri, convinti come siamo che si può perdere o vincere, ma a testa alta. Lo abbiamo sempre fatto nel corso del mandato, quando le avvisaglie di un possibile ritiro della fiducia ci arrivavano forti e chiari. Ma ha sempre prevalso la coerenza e la coesione del gruppo, che ha camminato sempre e soltanto come un sol uomo.

Questa coerenza, che non vuol dire non commettere errori ma vuol dire appunto non scendere a patti, ci sia riconosciuta, perché non è mai scontata, soprattutto nella nostra categoria, dove se solo andassimo a ripercorrere la storia, anche recente, di larga parte della sua classe dirigente ci accorgeremmo delle incredibili e talora indicibili incoerenze..

Ma torniamo ai cinque anni di mandato: sono stati anni di lavoro intenso, troppo spesso reso precipitoso dall’incalzare degli eventi, ma sempre attento e persino entusiasmante. Ho già fatto nel precedente editoriale una disamina delle cose fatte, dei risultati ottenuti, di quelli che non sono arrivati e persino delle sconfitte, per cui non lo farò ancora. Peraltro, al di la della difficoltà di sintetizzare cinque anni di attività, chi è stato attento alle dinamiche ordinistiche non avrà difficoltà a trarre da se un bilancio ed a giudicare di conseguenza.

Una cosa su tutte vorrei sottolineare ed è la crescente consapevolezza della società italiana del ruolo, dell’attività e dell’importanza del geologo. Questo Consiglio Nazionale ha saputo dare risposte concrete e tempestive ed ha rafforzato la geologia nei diversi contesti di ordine sociale, politico e culturale.

Abbiamo portato avanti un’azione di governo della nostra categoria privilegiando la condivisione e l’unione da una parte, la politica del fare dall’altra. Su questo doppio binario abbiamo impostato in questi anni le nostre attività, ponendo a fondamento due principi che hanno caratterizzato la nostra storia e che caratterizzano la nostra stessa natura: la correttezza e la consapevolezza dell’utilità sociale della nostra professione. Principi che ci hanno contraddistinto e dato autorevolezza nei confronti di larga parte della società civile, che oggi vede nel geologo un paladino della sicurezza e della prevenzione, ma anche della legalità.

Abbiamo cercato di adempiere agli impegni presi cinque anni orsono, oltre a quelli che quotidianamente ci hanno coinvolto, traendo forza ed entusiasmo dal continuo contatto con i tantissimi colleghi che abbiamo incontrato in tutte le parti d’Italia, con una dinamicità ed una presenza sui territori senza pari e che mi auguro non venga meno nei prossimi anni.

Abbiamo adottato una strategia che meglio si adattasse al periodo di crisi, innanzitutto una strategia di comunicazione, che riuscisse a far capire alla gente e alla politica chi è il geologo, a cosa serve e a chi è utile. La sfida che ci si è posta davanti era quella che, se fossimo riusciti a far sapere queste cose, sarebbe aumentata la percezione che si ha di noi e che ad una maggiore percezione sarebbero corrisposti prestigio e peso politico. E’ stato un percorso virtuoso che ci ha avvicinato alla gente e alla politica. Prova ne siano le recenti gradite considerazioni di Legambiente sul nostro operato, quelle provenienti dagli altri Consigli Nazionali, quelle provenienti dal mondo universitario, presso cui abbiamo operato anche in questo caso a supporto e non a contrasto.

Conservo con immenso piacere alcune mail che sono giunte da più parti, anche dall’esterno rispetto alla nostra categoria, di apprezzamento per il lavoro svolto e soprattutto di affetto disinteressato.

Sono convinto che in questi cinque anni si siano raggiunti risultati insperati, frutto della conquista della scena pubblica e di quella presso gli organi dello Stato, dove l’autorevolezza del Consiglio Nazionale si è evidenziata soprattutto nella gestione delle questioni più spinose, laddove a contare sono state le regole, quelle codificate e quelle morali, senza sconti per nessuno.

Una conquista della scena che ha riguardato anche l’Europa, dove ancora svolgiamo ruoli strategici all’interno della Federazione europea dei Geologi, entro la quale abbiamo avuto accesso di recente persino alle misure finanziarie di Horizon 2020, che ci vedono coinvolti nella partecipazione attiva a progetti di collaborazione internazionale.

Non abbiamo colmato in meno di 5 anni il ritardo di chi ci ha preceduto, ma abbiamo recuperato tanto e tanto ancora c’è da recuperare. Come ho già scritto, ma vale la pena di ripeterlo, c’è una considerazione profonda alla base della nostra consapevolezza di aver fatto bene ed è quella di aver piantato, fatto germogliare e fatto diventare albero ben saldo la democrazia della classe dirigente che noi stessi siamo stati in questi anni. Quello che abbiamo portato avanti è un processo irreversibile, perché non si torna indietro da un percorso in cui all’interno del Consiglio Nazionale le questioni si affrontano con la discussione, il confronto e la sintesi delle diverse posizioni. Si affrontano con il solo carburante dell’impegno, delle idee e dell’entusiasmo. Senza la collegialità saremmo stati come il vecchio Consiglio Nazionale, con quella impostazione che conosciamo.

Al nostro interno le cose le abbiamo discusse, non le abbiamo imposte, né abbiamo permesso ad alcuno di imporcele. Non abbiamo lavorato per garantirci il rinnovo della carica (e si vede), né altre posizioni di rendita, ma secondo il nostro convincimento, che non potrà non essere il metodo che adotterà chi tra qualche giorno andrà a sedersi al prestigioso tavolo di Via Vittoria Colonna.

Siamo tutti consapevoli che anche il prossimo sarà un mandato difficile, nel corso del quale bisognerà affrontare compiutamente temi spinosi, come quello degli spin off universitari, quello delle modifiche alle NTC, quello delle necessarie ulteriori modifiche al codice dei contratti e tanti altri.

Voglio augurare al prossimo Consiglio di saper fare bene e meglio. Da parte della splendida squadra che mi ha accompagnato in questi cinque anni e da parte mia, mentre assaporo la percezione del ritorno ad una vita tranquilla ed alla professione che amo, ma con la naturale sofferenza di chi lascia, giunga la rassicurazione che all’imminente passaggio di consegne rimetteremo un ente in salute, sotto tutti i punti di vista, anche quello squisitamente economico, una rete salda di rapporti istituzionali e politici, insomma un’imbarcazione che naviga sicura.

Al nuovo Consiglio il compito di ridefinire la rotta, perché questa categoria – concludo esattamente come nello scorso editoriale – non ha bisogno di grandi cose, ma solo di una classe dirigente seria, intelligente e libera, che sappia delineare un progetto di futuro.

Roma, novembre 2015

Il documento in formato pdf