“Cronaca annunciata, ci si poteva aspettare, era altamente prevedibile che quando il primo slargo di una valle stretta, già storicamente soggetto ad allagamento viene trasformato in ambito urbano, questo ambito prima o poi andrà sott’acqua. E’ esattamente quel che è successo ad Aulla; le zone rosse (rischio idraulico molto elevato) chiaramente identificate nelle carte dell’Autorità di bacino del Magra, ci dicevano chiaramente cosa poteva succedere”. Forte la dichiarazione di Maria Teresa Fagioli , Presidente dell’Ordine dei Geologi della Toscana.
“Purtroppo ancora le tecnologie di previsione metereologica non ci consentono di dire esattamente dove cadrà la prossima “secchiata” di pioggia, ma una semplice comparazione delle espansioni urbane ed industriali in alveo – ha proseguito Fagioli – ed in golena di corsi d’acqua, per di più se a regime torrentizio, ci dicono chiaramente che di disastri ne avremo ancora. A chi toccherà la prossima volta?
In Aulla la zona alluvionata , in golena del F. Magra è stata urbanizzata negli ultimi decenni e negli stessi decenni è progressivamente diminuita per abbandono la cura spicciola, la manutenzione ordinaria del bacino affluente”.
“Gli amministratori locali hanno la responsabilità di decidere quale sia il livello di rischio accettabile – ha continuato Maria Teresa Fagioli – e quali siano gli investimenti necessari per minimizzarne le conseguenze.
Se si decide per il rischio ZERO, allora bisogna cominciare a rottamare tutti quegli insediamenti idrogeologicamente insostenibili. Nella maggior parte dei casi i geologi hanno già fatto il loro lavoro e l’hanno fatto bene (le carte delle aree allagabili almeno in Toscana esistono e coprono la stragrande maggioranza delle aree a rischio). Se invece si decide di non eliminare gli insediamenti a rischio bisogna prendersi la responsabilità di accettare che fenomeni naturali tutt’altro che eccezionali abbiano conseguenze disastrose. I geologi possono aiutare (se consultati) i decisori ad organizzare reti di allarme ed a minimizzare le perdite di vite soprattutto lavorando in tempi non emergenziale nella prevenzione. Il ritornello “per queste cose non ci sono soldi” ci segnala solo quanto chi lo ripete, valuti la vita delle future vittime”.
E chiaro è stato anche Gian Vito Graziano, Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi. “I geologi devono essere parte integrante della pianificazione del territorio, ma i modelli cui riferirsi sono ormai superati ed occorre predisporne di nuovi. Occorre ripensare alle nostre città ed alle nostre campagne nella consapevolezza di avere progressivamente aumentato le superfici impermeabili e di avere contestualmente abbandonato quelle pratiche agricole che consentivano un tempo di regolare il deflusso delle acque”.
Roma, 30 ottobre 2011