Una politica industriale sul ciclo dei rifiuti è possibile

Una politica industriale sul ciclo dei rifiuti è possibile

di Gian Vito Graziano, Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi

Che l’Italia sia un Paese in cui la coscienza ambientale è ben lontana dall’essere compiuta è un fatto risaputo, ma quando ogni anno vengono presentati i dati sullo stato dell’ambiente la situazione si rivela purtroppo peggiore della percezione: qualità dell’aria, qualità delle acque, qualità del mare, inquinamento acustico, consumo di suolo mostrano numeri preoccupanti.

La contaminazione dei terreni derivante da attività industriali, dalla gestione dei rifiuti, dalle perdite da serbatoi e dalle linee di trasporto degli idrocarburi è uno dei principali fattori di pressione ambientale. Sono 39 in Italia i Siti di Interesse Nazionale (SIN), aree contaminate nelle quali è stata accertata un’alterazione puntuale della qualità ambientale da parte di un qualsiasi agente inquinante, mentre ben 1135 sono gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante, concentrati per un quarto nelle regioni di maggiore industrializzazione.

Tra i maggiori responsabili dei fattori di pressione antropica sull’ambiente ci sono i rifiuti. Non consola affatto che il loro trand di produzione negli ultimi anni sia in calo, perché questo non è legato ad un deciso cambio di politiche, bensì agli effetti della crisi economica: l’ultimo Rapporto ISPRA indica che nel 2013 l’Italia ha prodotto quasi 400 mila tonnellate di rifiuti urbani in meno rispetto al 2012 (-1,3%) e quasi tre milioni di tonnellate in meno rispetto al 2010 (-8,9%), coerentemente al trend degli indicatori socio-economici, che tuttavia evidenziano percentuali di contrazione delle spese delle famiglie del 2,5% a fronte di una riduzione della produzione di rifiuti che si è attestata invece all’1,3%.

Resta irrisolto, fatto grave e spesso sottovalutato, il problema dello smaltimento in discarica quale forma di gestione diffusa e persino unica, soprattutto in quelle regioni dove le piattaforme impiantistiche sono inadeguate, se non addirittura assenti, come nel caso della Sicilia, dove i rifiuti urbani smaltiti in discarica rappresentano il 93% del totale dei rifiuti prodotti, e della Calabria, dove rappresentano il 71%.

Lo smaltimento in discarica assume ancora oggi dimensioni rilevanti, se solo si pensa che vengono stoccati sui terreni qualcosa come circa 11 milioni di tonnellate di rifiuti (37%, contro il 34% in Europa), a grave danno dell’ambiente e dell’ economia.

Il riciclaggio delle frazioni provenienti dalla raccolta differenziata o dagli impianti di trattamento meccanico biologico (TMB) dei rifiuti urbani raggiunge in Italia il 39% della produzione, variando l’utilizzo dal recupero di materia organica (compostaggio), alla ricopertura delle discariche (previo pretrattamento), alla produzione di CSS, alla biostabilizzazione. Una percentuale rilevante, pari al 18% dei rifiuti urbani prodotti, viene inviato ai termovalorizzatori, con un trend in deciso aumento negli ultimi tempi.

Nelle Regioni dove esiste un ciclo integrato dei rifiuti, in virtù di piattaforme impiantistiche sviluppate, il ricorso alla discarica si riduce in maniera drastica e significativa, come in Lombardia dove esso è limitato al solo 6% del totale dei rifiuti prodotti, in Friuli Venezia Giulia al 7% ed in Veneto al 9%. Ne consegue un utilizzo della raccolta differenziata anch’esso significativo, con percentuali sopra il 50% e persino sopra il 60%. In Sicilia e in Calabria, molto indietro nell’intero ciclo, le percentuali si abbassano al 13,4% ed al 14,7%.

Il problema dunque si pone in tutta la sua gravità, sia in termini ambientali, sia in termini di sostenibilità economica. Per non parlare poi degli aspetti legati al rispetto della legalità e alla lotta alle ecomafie, in un contesto in cui, seppure si registri un calo dei reati ambientali accertati ed una contrazione del business, sceso di circa 1,5 miliardi di euro, le entrate illegali nel ciclo del cemento e dei rifiuti, nell’agroalimentare, nel racket degli animali e nell’archeomafia si attesta, secondo i dati di Legambiente, alla considerevole cifra di 9 miliardi annui.

Resta da capire quale politica il Governo Renzi vorrà intraprendere per cambiare le deboli politiche sinora praticate nella gestione dei rifiuti. E’ sin troppo evidente che quelle sinora attuate si sono rivelate inefficienti sotto tutti i profili. Ed è altrettanto evidente che le politiche riguardanti la questione del ciclo dei rifiuti rappresenteranno la cartina al tornasole del modello di sviluppo che si vorrà dare al Paese. Si è tanto parlato del petrolio e delle scelte del Governo di incrementare le ricerche petrolifere, ma si è poco discusso di rifiuti e di riciclo, attraverso cui può e deve passare una vera e propria scelta di politica industriale per il nostro paese.

Leggi l’articolo integrale in formato pdf