Il nuovo Codice degli Appalti: riflessioni e commenti

Il nuovo Codice degli Appalti: riflessioni e commenti

di Raffaele Nardone, Consigliere Tesoriere CNG – (GdL – Lavori Pubblici – Rete Professioni Tecniche)

 Il nuovo Codice degli appalti appare il frutto dell’ossessione della semplificazione.

Infatti, se da un lato è vero, come è vero, che la giungla normativa imponga una semplificazione, dall’altro lato, al fine di perseguire l’intento semplificatorio, nel testo del nuovo Codice si riscontra una certa miopia verso il libero professionista esterno alla Pubblica Amministrazione.

In particolare, tale Codice mette al centro il principio della cosiddetta “soft law”, rimandando a linee guida e/o a bandi-tipo che saranno proposte/i dall’ANAC e approvate/i da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Nel contempo, il testo normativo si pone l’apprezzabile l’obiettivo di garantire l’innovazione e la qualità dei progetti, senza, però, riportare un articolato adeguato e specifico per il perseguimento di tale finalità.

Quindi, nell’esprimere piena condivisione sull’impianto politico e culturale della riforma, non possono essere sottaciute le forti criticità che presenta il documento licenziato e che appaiono riconducibili alla mancata concertazione del testo con gli Ordini delle professioni tecniche e/o con la Rete delle Professioni Tecniche, almeno per la parte relativa ai “servizi di ingegneria e architettura” previsti dal previgente d.lgs. 163/2006, laddove tali enti non sono stati mai consultati in via preventiva né messi nelle condizioni di esprimere osservazioni sul testo normativo proposto, non essendogli stata consegnata una versione chiara e definitiva del nuovo Codice.

I punti maggiormente critici appaiono i seguenti.

Si auspicava che, con il trasferimento dell’incentivo del 2 per cento ai dipendenti della Pubblica Amministrazione dalla progettazione alle attività di programmazione e controllo, venisse fissato un limite anche sulla progettazione interna, ma così non è stato.

La mancanza di un capitolo specifico dedicato ai servizi di ingegneria e architettura la dice lunga sul riguardo che si ha nei confronti della centralità della progettazione nell’ambito del nuovo Codice, in contrasto con i buoni propositi che hanno ispirato la riforma.

Il rispetto del decreto parametri (D.M. 143/2013), quale strumento per la determinazione dell’importo del corrispettivo da porre a base gara, non risulta previsto in via obbligatoria per l’affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria, come era correttamente indicato dalla determinazione dell’ANAC n. 4 del 25 febbraio 2015.

I progettisti interni alla Pubblica Amministrazione potranno continuare ad essere sprovvisti dell’iscrizione all’albo professionale, essendo sufficiente la sola abilitazione e, di conseguenza, non dovranno ottemperare neppure alla obbligatoria formazione professionale continua.

Non viene garantita la necessaria concorrenza nell’affidamento dei servizi di progettazione, soprattutto con riguardo alle prestazioni geologiche, mediante un intervento correttivo delle soglie e degli operatori da consultare previste per la procedura negoziata.

Se l’aver inserito le indagini geologiche e geognostiche già nella fase della progettazione di fattibilità aveva lo scopo di porre a base di gara un progetto di qualità e di ridurre le varianti, non si comprende come mai tra gli obiettivi della progettazione di cui all’art. 23 comma 1 non venga posto il dovuto riguardo alla compatibilità geologica, idrogeologica e geomorfologica ovvero alla definizione degli elementi di criticità geologica che possono manifestarsi in relazione alle caratteristiche delle opere in progetto; il testo si limita a prevedere solo una verifica della vincolistica idrogeologica.

Nell’art. 31, comma 12, del nuovo Codice, che riguarda i controlli in fase di esecuzione, si parla di verifiche relative alle prescrizioni in materia ambientale, paesaggistica, storico-architettonica, archeologica e di tutela della salute umana, ma non si fa alcun riferimento alla verifica delle prescrizioni di carattere geologico, geotecnico o idraulico, quasi sempre presenti nei progetti.

Lodevole appare quanto segue.

Il riconoscimento del principio che le procedure aperte di gara vengano aggiudicate sulla base di criteri di qualità del progetto, con il superamento del massimo ribasso.

La previsione che i progetti vadano a gara con le indagini geologiche già nella fase di progettazione di fattibilità, seppur tale principio, pienamente condivisibile, merita il dovuto approfondimento (principalmente perché spesso durante la progettazione di fattibilità le stazioni appaltanti sono in fase di richiesta dei finanziamenti e, quindi, non vi sono risorse finanziarie sufficienti per adeguate campagne di indagine).

In virtù di quanto sopra, si auspica la possibilità di superare le criticità evidenziate ovvero di avere un momento di confronto, anche in sede di redazione delle linee guida, attesa l’importanza dell’intervento normativo.

Roma, marzo 2016

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