40 anni fa il terremoto del Friuli

Peduto: “40 anni il terremoto del Friuli ma è anche il caso di porci una domanda: e se succedesse ancora, lì o in qualsiasi altro posto d’Italia?”

“Quarant’anni fa il terremoto del Friuli, un sisma di magnitudo 6,4 della scala Richter, ancora una volta ricordiamo le vittime e, per una volta, anche una ricostruzione esemplare, passato alla storia come il “modello Friuli”.

Ma è anche il caso di porci una domanda: e se succedesse ancora, lì o in qualsiasi altro posto d’Italia?”. Lo ha dichiarato, Francesco Peduto, Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi.

“E’ anche il caso, in occasione di questa ricorrenza, ricordare le tante cose che restano ancora da fare a proposito del rischio sismico.

I geologi, in occasione del congresso nazionale che si tenuto solo qualche giorno fa, per rispondere alle esigenze del territorio – ha proseguito Peduto –  e del paese fisico, hanno presentato un progetto che è insieme una sfida ed una proposta che sarà consegnata al governo ed al parlamento, “LA CARTA PER L’ITALIA” – GEORISCHI E GEORISORSE: UN PIANO PER IL PAESE DEL DOMANI – la quale contiene anche un documento specifico sul tema del rischio sismico, con analisi delle criticità e le azioni necessarie per superarle.

C’è ancora molto da fare, in particolare, a livello normativo. Abbiamo un Dipartimento di Protezione Civile Nazionale all’avanguardia, ma la protezione civile a livello locale presenta tante falle. Piani di protezione civili spesso solo virtuali, e poi non è più sopportabile che, noi abbiamo ancora vittime in percentuali variabili tra il 20% e il 50% per condotte errate in occasione di eventi sismici. Non capisco perché in Giappone quando avviene un terremoto tutti sanno esattamente cosa fare e noi non possiamo insegnare agli italiani, magari a partire dalle scuole, il comportamento corretto.

Ed un riordino normativo dovrebbe prevedere anche “la certificazione sismica degli edifici” e l’adozione del “fascicolo del fabbricato”, che i geologi chiedono da anni, l’unico strumento che ci consentirebbe di conoscere il reale stato di salute degli edifici, a partire da quel grandissimo patrimonio edilizio storico che l’Italia si ritrova e che dovrebbe imparare a preservare meglio”.

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